Non osare definirti vegano!

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Sentivo di dover scrivere una risposta a un articolo su Ecorazzi intitolato “Se segui una dieta a base vegetale, smettila di definirti vegano!

Il titolo, e in particolare il punto esclamativo, mi ha fatto quasi star male (qui sto solo esagerando un pochino). Il titolo dice praticamente tutto. Probabilmente l’autrice era ben intenzionata (anche se le sue intenzioni potrebbero non essere pure, come succede a tutti noi), ma questo modo di pensare e di comunicare è così improduttivo e dannoso che non saprei da dove cominciare.

L’autrice crede che i vegani salutisti, che come si capisce non vuole chiamare vegani, ma piuttosto “persone che seguono una dieta a base vegetale” o qualcosa di simile, stiano “dirottando” il movimento vegano. Vuole in qualche modo proibire ai vegani salutisti di definirsi vegani. A parte il fatto che dire a qualcuno di non usare una parola risulta fastidioso e antipatico, ostracizzare i vegani salutisti dal “nostro club” è anche molto improduttivo.

Ho scritto molto altro su questo argomento, ma per riassumere il concetto, la domanda di prodotti vegani, qualunque sia la motivazione alla base di questa richiesta, aumenterà la scelta di tali prodotti. Mangiare vegano diventerà dunque più facile, la nostra dipendenza dai prodotti animali diminuirà e diventerà più facile occuparsi dell’etica quando le persone sentiranno di non avere più molto da perdere. I vegani salutisti sono in realtà tra le persone a cui è più facile fare arrivare un messaggio etico. Inoltre, a dirla tutta, molti “vegani etici” (anche se il termine non mi piace) si sono avvicinati a questo percorso da vegani salutisti.

A costo di finire per analizzare troppo la cosa, riporto qui una spiegazione per quel tipo di comportamento e di comunicazione legato al concetto di esclusività che possiamo trovare nell’articolo di cui sopra. La spiegazione è tratta da un libro di testo di psicologia. Lascerò decidere a te se si possa in qualche modo trovare un riscontro. Tieni a mente la dicotomia fra “vegani etici” e “vegani salutisti” quando la leggi.

“Alle persone piace essere associate a termini di identità che per loro sono importanti. Il fatto di essere associate a termini di altre identità, specialmente se sono errate, può suscitare una “minaccia di categorizzazione“. La cosa non ci fa piacere nemmeno quando l’altro gruppo è molto simile al nostro, perché ciò mina l’essenza stessa di quello che il nostro gruppo rappresenta e che ci rende diversi e speciali. In altre parole, tendiamo a essere più sensibili quando l’altro gruppo è in realtà simile al nostro (…). Gruppi troppo simili a quello di cui noi facciamo parte possono quindi mettere in pericolo l’identità specifica del gruppo: ciò rappresenta una “minaccia all’unicità“. Alcuni hanno persino sostenuto che avere un’identità distintiva di gruppo è “ancora più importante che evitare di averne una negativa.”*

Ti suona familiare?

Io ho avuto questo pensiero: alla fine, potrei restare così deluso dai vegani e dal veganismo, da essere il primo (io, un vegano che ha fatto questa scelta per gli animali), ad astenermi completamente dall’usare quella parola (alcune persone dicono che dovrei comunque, visto che faccio cose non vegane!). Un po’ come The Animalist dice qui. Ma il problema è che allora le uniche persone ad usare la parola “vegano” sarebbero quelle più fondamentaliste, e dovremmo ricominciare tutto da capo con una nuova parola. Quindi immagino di non essere ancora pronto a rinunciare alla parola “vegano”, preferendo invece cercare di essere una di quelle persone che la usano in modo razionale, compassionevole, positivo e inclusivo. Vuoi unirti a me?

* Hewstone, M. Stroebe, W. & Jonas, K (2012), Introduzione alla psicologia sociale. Oxford, Regno Unito: Blackwell. (5a ed.)

Traduzione di Elena Holler

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