Una ragione per cui i vegani non piacciono: a nessuno piace sentirsi immorale

È un mistero per molti vegetariani e vegani: facciamo del nostro meglio per essere compassionevoli e occuparci di tutte le creature senzienti e per questo scegliamo di boicottare i prodotti animali. Non è forse una cosa da ammirare? E allora perché così tanti prendono in giro, criticano o addirittura attaccano i vegani e il veganismo?

Certo, a volte possiamo risultare un po’ fastidiosi, scomodare gli onnivori facendoli aspettare mentre ispezioniamo etichette o bocciare un ristorante quando andiamo fuori a cena, ma questo non spiega l’ostilità e il ridicolo che a volte incontriamo.

In parte, questo è dovuto a un fenomeno chiamato denigrazione dei virtuosi, cioè screditare le persone che hanno motivazioni morali.


Ho cominciato a essere vegetariana per ragioni di salute, poi è diventata una scelta morale e ora è solo per dar fastidio alla gente.

Può essere capitato anche a te: senza che tu abbia detto nulla, gli onnivori a tavola si mettono sulla difensiva incominciando a prendere in giro te e la tua “dieta”.

Perché avviene la denigrazione dei virtuosi? Il problema è che gli altri spesso percepiscono il tuo comportamento (ad esempio, mangiare o essere vegano) come una condanna implicita del loro (mangiare carne). Un comportamento moralmente positivo sembra accompagnarsi spesso a un rimprovero implicito a chi non lo adotta.

Secondo i ricercatori che hanno studiato la denigrazione dei virtuosi, “il rimprovero morale, anche implicito, dà fastidio perché le persone sono particolarmente sensibili alle critiche delle loro posizioni morali (…). A causa di questa preoccupazione di mantenere un’identità morale, le minoranze spinte da motivazioni morali possono essere particolarmente fastidiose per la maggioranza e dare origine al risentimento”. La risposta a questa minaccia alla nostra integrità morale è quindi di denigrare la fonte della minaccia (Minson and Monin).

Semplicemente pensare a come i vegetariani vedono la moralità dei non vegetariani può dare il via all’effetto denigratorio. Quando chi mangia carne anticipa il rimprovero morale dei vegetariani – ad esempio, quando percepiscono che un vegetariano li condannerebbe moralmente – tendono ad aumentare la denigrazione.

Il problema che ci dovrebbe preoccupare di più non è che i consumatori etici (in questo caso, i vegani) si offendano, siano ridicolizzati o trattati male, ma che chi denigra possa essere in futuro meno incline a fare propri tali valori etici. In altre parole, il confronto negativo non offende solo i vegani, ma impedisce a quelli che mangiano carne, per una sorta di auto-protezione – a muoversi verso il veganismo (Zane).

Riassumendo, questo è quello che potrebbe accadere (scenario peggiore).


azione morale > sentimento di biasimo morale > denigrazione > probabilità di cambiamento diminuita > meno animali aiutati

Questo è ovviamente problematico per la diffusione di valori e comportamenti affini al veganismo. Quindi, ecco qui i miei suggerimenti per evitare che i non vegani si sentano moralmente inferiori e, quindi, denigrino i vegani e il veganismo, allontanandosi ulteriormente da noi e dal nostro messaggio.

  1. Non fargliela pesare. Se il senso di colpa e di inferiorità morale fanno allontanare le persone da noi e dal nostro messaggio, non incoraggiare questi stati d’animo con ulteriore biasimo. Non serve a nulla (anche se a volte ci potrebbe sembrare divertente o soddisfacente).
  2. Non usare solo messaggi e argomentazioni morali. Queste possono creare problemi perché incoraggiano la denigrazione dei virtuosi più dei messaggi non-morali. I non-vegani si sentono meno minacciati da persone che hanno una dieta vegetale per ragioni di salute che dai vegani etici. Questo non significa che devi smettere di usare argomentazioni morali, semplicemente che anche parlare di salute (o gusto) può essere strategico e produttivo.
  3. Parla delle tue imperfezioni. Possiamo dire agli altri alcune cose che facciamo e che sappiamo non dovremmo fare, parlare del fatto che non siamo cambiati da un giorno all’altro e abbiamo avuto anche noi bisogno di essere convinti. Possiamo parlare di altri ambiti in cui stiamo incontrando delle difficoltà. È importante mostrare agli altri che non siamo così diversi da loro, non siamo una specie aliena con un livello di moralità e disciplina che non potranno mai eguagliare.
  4. Puoi rendere esplicita la differenza tra l’azione e la persona. Scegliere di non mangiare prodotti animali è una scelta moralmente migliore, ma non significa che le persone che li mangiano ancora siano cattive.

Piuttosto che promuovere denigrazione, allontanamento e una sensazione di impotenza, possiamo fare la nostra parte, promuovendo una relazione con l’altro.

(Leggi molto altro sulla comunicazione efficace nel mio nuovo libro, How to Create a Vegan World).

Fonti
Minson and Monin
Zane

Traduzione di Eugenia Albano

Non osare definirti vegano!

Sentivo di dover scrivere una risposta a un articolo su Ecorazzi intitolato “Se segui una dieta a base vegetale, smettila di definirti vegano!

Il titolo, e in particolare il punto esclamativo, mi ha fatto quasi star male (qui sto solo esagerando un pochino). Il titolo dice praticamente tutto. Probabilmente l’autrice era ben intenzionata (anche se le sue intenzioni potrebbero non essere pure, come succede a tutti noi), ma questo modo di pensare e di comunicare è così improduttivo e dannoso che non saprei da dove cominciare.

L’autrice crede che i vegani salutisti, che come si capisce non vuole chiamare vegani, ma piuttosto “persone che seguono una dieta a base vegetale” o qualcosa di simile, stiano “dirottando” il movimento vegano. Vuole in qualche modo proibire ai vegani salutisti di definirsi vegani. A parte il fatto che dire a qualcuno di non usare una parola risulta fastidioso e antipatico, ostracizzare i vegani salutisti dal “nostro club” è anche molto improduttivo.

Ho scritto molto altro su questo argomento, ma per riassumere il concetto, la domanda di prodotti vegani, qualunque sia la motivazione alla base di questa richiesta, aumenterà la scelta di tali prodotti. Mangiare vegano diventerà dunque più facile, la nostra dipendenza dai prodotti animali diminuirà e diventerà più facile occuparsi dell’etica quando le persone sentiranno di non avere più molto da perdere. I vegani salutisti sono in realtà tra le persone a cui è più facile fare arrivare un messaggio etico. Inoltre, a dirla tutta, molti “vegani etici” (anche se il termine non mi piace) si sono avvicinati a questo percorso da vegani salutisti.

A costo di finire per analizzare troppo la cosa, riporto qui una spiegazione per quel tipo di comportamento e di comunicazione legato al concetto di esclusività che possiamo trovare nell’articolo di cui sopra. La spiegazione è tratta da un libro di testo di psicologia. Lascerò decidere a te se si possa in qualche modo trovare un riscontro. Tieni a mente la dicotomia fra “vegani etici” e “vegani salutisti” quando la leggi.

“Alle persone piace essere associate a termini di identità che per loro sono importanti. Il fatto di essere associate a termini di altre identità, specialmente se sono errate, può suscitare una “minaccia di categorizzazione“. La cosa non ci fa piacere nemmeno quando l’altro gruppo è molto simile al nostro, perché ciò mina l’essenza stessa di quello che il nostro gruppo rappresenta e che ci rende diversi e speciali. In altre parole, tendiamo a essere più sensibili quando l’altro gruppo è in realtà simile al nostro (…). Gruppi troppo simili a quello di cui noi facciamo parte possono quindi mettere in pericolo l’identità specifica del gruppo: ciò rappresenta una “minaccia all’unicità“. Alcuni hanno persino sostenuto che avere un’identità distintiva di gruppo è “ancora più importante che evitare di averne una negativa.”*

Ti suona familiare?

Io ho avuto questo pensiero: alla fine, potrei restare così deluso dai vegani e dal veganismo, da essere il primo (io, un vegano che ha fatto questa scelta per gli animali), ad astenermi completamente dall’usare quella parola (alcune persone dicono che dovrei comunque, visto che faccio cose non vegane!). Un po’ come The Animalist dice qui. Ma il problema è che allora le uniche persone ad usare la parola “vegano” sarebbero quelle più fondamentaliste, e dovremmo ricominciare tutto da capo con una nuova parola. Quindi immagino di non essere ancora pronto a rinunciare alla parola “vegano”, preferendo invece cercare di essere una di quelle persone che la usano in modo razionale, compassionevole, positivo e inclusivo. Vuoi unirti a me?

* Hewstone, M. Stroebe, W. & Jonas, K (2012), Introduzione alla psicologia sociale. Oxford, Regno Unito: Blackwell. (5a ed.)

Traduzione di Elena Holler