Quando i produttori di carne salgono sul Veggie Treno – Un’intervista con Imperial Meat Products

“In quanto siamo una marca conosciuta, possiamo attirare i compratori dei nostri prodotti di carne a comprare quelli senza carne”

Era praticamente impensabile un paio di anni fa, ma oggi sempre più produttori di carne stanno scommettendo sulle alternative vegetali. Imperial Meat Products, conosciuta sotto il nome di Aoste, fa parte del gruppo Campofrio, e grazie al suo 18% di azioni è uno dei più importanti giocatori nel campo dei prodotti di carne processata. Ho parlato con il CEO Remco Kok e il Direttore Commerciale dell’Innovazione Thomas De Boes, nei loro uffici vicino a Ghent, in Belgio.

Mi potete spiegare quali sono i vostri piani nel campo dei prodotti senza carne?
Il nostro scopo è di avere solo metà del nostro fatturato dalla carne e l’altra metà dai prodotti senza carne entro il 2025. Ci consideriamo un’impresa di macellai ed artigiani, ma il nostro lavoro non deve per forza essere basato sulla carne come ingrediente. Così abbiamo cominciato a cercare delle alternative. E qualunque sia il tipo di carne che continueremo a vendere, dobbiamo credere in noi stessi.

Che tipo di prodotti senza carne i consumatori possono già comprare da voi oggi?
Abbiamo lanciato affettati vegetariani e spalmabili vegani, e presto lanceremo anche i burger. Stiamo anche lavorando a dei prodotti ibridi (o misti) Le salsicce sono un settore importante per noi ed è perfettamente possibile produrre salsicce che sono solo 70% carne e 30% vegetali. E cerchiamo di fare lo stesso con altri prodotti di carne. Abbiamo sviluppato, per esempio, un filetto di pollo con più del 30% vegetale. Non siamo ancora sicuri su come procedere con tutto ciò: è qualcosa che devi comunicare al consumatore, come una risorsa, o è meglio non menzionarlo affatto? E’ meglio creare prodotti con pezzi visibili di verdure, o facciamo in modo che non si notino? Tutto ciò ovviamente dipende da quello che il consumatore apprezza.

Perché e come avete cominciato a pensare a investire in prodotti senza carne?
Due anni fa, assieme a dei nostri colleghi dei Paesi Bassi e del Lussemburgo, abbiamo fatto un esercizio strategico per vedere dov’era la nostra compagnia. Abbiamo operato in Belgio da sessant’anni e con la nostra marca olandese Stegeman perfino da 160 anni. Il nostro slogan è “più attenzione, più piacere”: vogliamo porre la nostra attenzione in tutto ciò che facciamo, così che il consumatore possa godere al meglio dei nostri prodotti. Ma oggi non puoi solo fare attenzione ai tuoi prodotti o ai tuoi consumatori a spese del pianeta. E’ pensando in questo modo che siamo arrivati a dei nuovi obiettivi, che noi chiamiamo 0 – 50 – 100. Il 50 si riferisce al 50% di carne e 50% vegetale. Lo 0 si riferisce allo 0% di rifiuto: non vogliamo sprecare niente, né il cibo, ma neanche l’energia (e conseguentemente abbiamo investito in un impianto di pannelli solari). Il 100 si riferisce al 100% di trasparenza. Nel nostro settore, succedono molte cose dietro le quinte. Ma ciò non è in sintonia con la nostra visione, o con il mondo com’è oggi. Così, cerchiamo di essere interamente trasparenti in tutto ciò che facciamo.

Ciò potrebbe spingersi fino a mettere telecamere nei macelli, per esempio?
Questo non è qualcosa che facciamo già, ma penso che è dove dovremmo puntare…

La sede centrale di Imperial Meat Products vicino a Gand, Belgio

Ci potete dire qualcosa su come vanno per ora le vendite dei vostri prodotti senza carne?
I risultati sono decisamente positivi per adesso. Rimaniamo sugli scaffali e i venditori vogliono darci addirittura più spazio. Ma non possiamo dire che in questo momento le masse le stiano comprando. Quindi dobbiamo vedere come possiamo creare più visibilità per i nostri prodotti.

Come fate ciò?
Le persone conoscono il nostro marchio e ciò è una risorsa che possiamo usare. Abbiamo bisogno di attirare i clienti che comprano i nostri prodotti di carne verso quelli senza carne. Abbiamo una campagna ora, per esempio, dove diamo un prodotto senza carne quando ne compri uno di carne. O un coupon per un prodotto vegetale sulla confezione dei nostri prodotti tradizionali. E’ anche interessante notare che possiamo consegnare le nostre offerte senza carne a molti macellai con cui lavoriamo. E naturalmente siamo molto più capaci di piccole imprese nel mettere un po’ di budget per il marketing di questi prodotti. Abbiamo delle pubblicità in TV per i nostri prodotti vegetali e c’è un chiosco ambulante solo per loro. Recentemente abbiamo consegnato 3500 assaggi durante un evento di studenti.

Vi piacerebbe alla fine vendere i prodotti vegetali nella sezione della carne?
Sarebbe ottimo, e penso che ci siamo quasi. E’ una questione di tempo. Ci deve solo essere abbastanza gente che vuole quei prodotti. Guarda i prodotti organici: prima erano in una sezione separata del supermercato, ma ora sono diffusi tra tutti gli altri.

Produttori di carne che saltano sul treno vegetale sembrerà sospetto agli occhi di molti vegetariani e vegani. Una delle motivazioni potrebbe essere che la compagnia potrebbe investire il loro profitto dei prodotti senza carne nel dipartimento di carne, così che quelli che comprano prodotti senza carne starebbero contribuendo inavvertitamente a più sofferenza animale.
In realtà, è più la cosa opposta: al momento, è maggiore l’investimento nei prodotti senza carne che il profitto che ne ricaviamo, quindi è parte del profitto dei prodotti di carne che va in quelli senza carne. Ovviamente avremo bisogno di fare profitto in futuro, altrimenti non è conveniente. Ma non siamo dedicati solo alla carne. Non siamo più un’impresa di carne, siamo un’impresa di cibo. Probabilmente cambieremo pure il nostro nome Imperial Meat Products ad un certo punto. In futuro, vogliamo che chiunque compri i nostri prodotti investi in un ulteriore diffusione dei prodotti senza carne.

Circa quattro anni fa, avevate uno spot pubblicitario in TV che prendeva in giro i vegetariani. Che effetto ti fa adesso?
Potrebbe sembrare un po’ modo facile per risponderti ma all’epoca non ero il CEO e non ero d’accordo con quella campagna. In ogni caso, quando vedo ciò che sta succedendo ora nella compagnia… il cambiamento è veramente strutturale, fondamentale, e sono sicuro che la persona che verrà dopo di me non riuscirà a tornare a quell’atteggiamento di prima. Non possiamo più tornare indietro.

Avete delle risorse nel produrre prodotti vegetali che non hanno i produttori degli stessi prodotti ma più piccoli e più tradizionali?
Penso di sì. Le nostre dimensioni sono già di per sé una risorsa. Possiamo investire nel dipartimento di Ricerca e Sviluppo su una scala più ampia. Possiamo usare il nostro equipaggiamento per produrre prodotti senza carne. Possiamo fare molti test. Abbiamo una grande competenza nel lavorare con gli ingredienti di origine sia animale, che vegetale. E ciò va
dalla competenza con i macchinari alla conoscenza dei batteri e via dicendo.

I prodotti senza carne potrebbe diventare persino più redditizi che quelli di carne in futuro?
La carne è venduta troppo a buon mercato ora come ora. E’ diventata una merce e il cibo, specialmente quello derivato da esseri viventi, non dovrebbe mai essere una merce. E’ difficile dire come andranno le cose . Nel nostro caso, abbiamo ancora molti costi ed investimenti, e dobbiamo ancora far diventare questo settore più conosciuto. Ma se riusciamo a produrre su scala maggiore, potrebbe essere molto più redditizio. Specialmente se i costi della carne crescono.

“Il cibo, specialmente quello derivato da esseri viventi, non dovrebbe mai essere una merce.”

Qual è la vostra sfida più grande?
La richiesta. Il consumatore è indignato di molti tipi di cose, ma molto spesso non cambia le sue abitudini. C’è molto battage pubblicitario circa le vendite dei prodotti senza carne, ma noi sentiamo anche altre storie. Per esempio che durante la recente “settimana senza carne” nei Paesi Bassi, le vendite dei prodotti di carne sono aumentati altrettanto che quelle dei prodotti senza carne. L’ONG olandese Wakker Dier ha campagne radiofoniche contro i venditori a basso costo di carne, ma non è chiaro se stia funzionando o no, forse molti consumatori che sentono questi annunci vengono a sapere di questi prezzi bassi e vanno a comprare quei prodotti. Penso che dobbiamo lavorare assieme con i nostri colleghi e stakeholder, perché ovviamente da soli non saremmo capaci di spingere il consumatore in un’altra direzione.

Immaginate che ad un certo punto sarà chiaro che i prodotti di origine animale sono sul punto di scomparire… la vostra compagnia sarebbe capace di adattarsi?
Comunque sia, dobbiamo sempre adattarci, abbiamo bisogno di adattare i nostri macchinari, per esempio. E sì, abbiamo bisogno di essere sempre consapevoli di nuovi sviluppi e di essere sempre pronti in tempo. Ma sono abbastanza sicuro che in questo caso avremo tutto sotto controllo. Non è così difficile, in ogni modo, per una compagnia che produce carne. Siamo decisamente indipendenti dalle risorse. Le cose che facciamo con i prodotti animali, le possiamo fare anche con quelli vegetali. Per i macelli, per esempio, è molto più difficile adattarsi ovviamente.

“Siamo decisamente indipendenti dalle risorse. Le cose che facciamo con i prodotti animali, le possiamo fare anche con quelli vegetali.”

Quindi, con o senza carne, è veramente così importante? Nessuno qui a dei legami emotivi con i prodotti di carne?
No, non c’è differenza. Non per me, per lo meno. In una fabbrica ci possono essere dei colleghi molto specificamente interessati nella carne. Ma alla fine, queste persone voglio avere un buon prodotto. E abbiamo avuto anche un buon feedback interno. I nostri sviluppatori di prodotti sono molto orgogliosi che riescano a fare prodotti vegetali. La vedo come una sfida ulteriore.

Usare un prodotto a base di carne per offrire un buono per un prodotto vegano (in alto a sinistra)

In concreto: recentemente due produttori olandesi di carne, Bobeldijik ed Enko, hanno annunciato che smetteranno di produrre carne o di vendere quel settore, e che da ora in avanti faranno solo cibi vegetali. Riuscite ad immaginare la vostra compagnia fare una cosa simile?
Penso che per il momento è meglio lavorare sia con la carne che con i vegetali. Se ci dovessimo focalizzare solo su quelli senza carne ora, diventeremmo dei giocatori molto più piccoli e con molta meno influenza. Compagnie come quelle che hai menzionato hanno molto meno impatto sul mercato di noi. Se ci riducessimo, lasceremmo molti tipi di cose che potrebbero essere utili. Avremmo molto meno potere finanziario, meno potere di immagine, meno potere comunicativo. Assottiglieremmo la nostra logistica e competenza… e per il momento, proprio perché vendiamo carne, possiamo attirare l’attenzione dei consumatori amanti di carne verso quei prodotti senza carne grazie a quelli con carne. Per di più, in quanto compagnia di carne, siamo in dialogo costante con il resto del settore. Siamo su tutti i tipi di piattaforme dove possiamo esercitare la nostra influenza, e non sarebbe buono lasciarle in questo momento.

Cosa pensate che vi porterà il futuro?
La società è pronta per il cambiamento. Stiamo lasciando un mondo dove la carne è qualcosa di tutti i giorni. Quanto si andrà in questa direzione è qualcosa che dipenderà dal consumatore. La carne potrebbe non scomparire definitivamente, ma qualunque tipo di carne sarà, sarà comunque più rispettosa verso gli animali e l’ambiente. E poi c’è anche la carne in vitro, su cui stiamo puntando gli occhi.

Perché la maggior parte delle persone mangia carne

Negli anni ‘50, lo psicologo americano Solomon Asch riunì al College Swarthmore (USA) partecipanti per un esperimento che ora è ormai famoso*. Gli disse che stava facendo una ricerca sulla percezione, ma in realtà era uno studio sul conformismo e sulla pressione sociale. Ash mostrò ai partecipanti una serie di immagini come questa.

Ogni volta che mostrava un’immagine simile, Asch chiedeva quale linea sulla destra fosse della stessa lunghezza di quella sulla sinistra. I partecipanti dovevano dare la loro risposta ad alta voce e in gruppo. Tuttavia, Ash fece in modo che tutti i membri del gruppo, tranne uno, fossero cospiratori, a cui lui aveva ordinato di dare la stessa risposta sbagliata. L’unico vero ed ignaro partecipante doveva dare la sua risposta dopo gli altri. Con sua grande sorpresa, Asch trovò che un numero incredibilmente grande di persone in questa situazione dava la risposta sbagliata. Tutto ciò lo portò a concludere: “La tendenza al conformismo nella nostra società è così forte che giovani ragionevolmente intelligenti e di buone intenzioni sono propensi a dichiarare che una cosa nera sia bianca”. In alcune situazioni, alcune persone davano una risposta chiaramente incorretta perché pensavano che il gruppo avesse ragione. In altre situazioni, quelli che rispondevano avevano apparentemente paura di apparire come diversi dagli altri oppure non volevano creare problemi.

Non è difficile trasferire queste scoperte al nostro tema. Penso che non sia azzardato supporre che molte persone abbiano la sensazione che ci sia qualcosa di sbagliato nel cibo che mangiano. Possono pensare che vada bene uccidere animali per mangiarli ma credono che quegli animali dovrebbero almeno “avere una buona vita”. Oppure possono pensare che non valga per niente la pena uccidere un animale per averne in cambio del cibo. Ma quando tutte queste persone vedono costantemente attorno a loro che mangiare carne (o prodotti animali) è una cosa normale, allora è persino difficile dare ascolto a quel vago senso di malessere che possono avere, ed è ancora più difficile pensare che qualcosa di veramente sbagliato stia succedendo. Persino tu, anche se fossi vegetariano o vegano, ovvero qualcuno che ha veramente fatto proprio il principio per cui mangiare prodotti animali non vada bene, potresti avere questi brevi momenti di dubbio, domandandoti se sia veramente giusto quello che pensi. Lo scrittore sudafricano e Premio Nobel J. M. Coetzee attribuisce questi pensieri al suo personaggio vegetariano Elisabeth Costello:

È che non so più dove sono. Mi sembra di essere perfettamente a mio agio tra la gente, di avere rapporti perfettamente normali. È possibile, mi chiedo, che tutti quanti siano complici di un crimine di proporzioni stupefacenti? Sono tutte fantasie? Devo essere pazza. Eppure ogni giorno ne vedo le prove. Le stesse persone che sospetto le producono, me le mostrano, me le offrono. Cadaveri. Frammenti di cadaveri che hanno comprato in cambio di denaro. (…) Eppure, non sto sognando. Guardo nei tuoi occhi, in quelli di Norma, in quelli dei bambini, e vedo solo gentilezza, gentileezza umana. Calmati, mi dico, stai facendo di un sassolino una montagna. Questa è la vita. Tutti se ne fanno una ragione, perché tu non ci riesci? Perché non ci riesci?

In parte dipende dal fatto che solo una piccolissima minoranza di persone vede un problema nel mangiare carne o nell’agire in maniera diversa; la maggior parte delle persone spesso non si ferma a pensare consapevolemente che mangiare carne rappresenti una questione morale. Secondo lo psicologo Steven Pinker, una della principali conclusioni dell’epoca d’oro della psicologia sociale è che “le persone prendono spunto su come comportarsi guardando le altre persone”. Per rispondere quindi alla domanda su perché la maggior parte delle persone mangi carne, questa è la risposta che possiamo dare: la maggior parte delle persone mangia carne perché la maggior parte delle persone mangia carne.”

La maggior parte delle persone mangia carne perché la maggior parte delle persone mangia carne.

Da qui, l’importanza della cosiddetta massa critica. Il cambiamento ha bisogno di numeri. Abbiamo bisogno di persone sufficienti per dare voce ai loro dubbi, per rendere pubbliche le loro preoccupazioni, per non fare come tutti, per mangiare in modo diverso in modo che gli altri non pensino più che mangiare carne sia naturale, normale e necessario.

Congratulazioni a tutti voi che non avete paura di pensare diversamente e distinguervi dalla massa!

*Guarda questo video per sapere di più sull’esperimento di Asch.

Tre idee per far provare cibo vegano a persone riluttanti

Se guardate agli indicatori o parametri per misurare il successo che il movimento vegano potrebbe usare, uno molto importante potrebbe essere il seguente:

A quante persone abbiamo dato la possibilità di avere una grande esperienza di cibo vegano?

Quando le persone pensano che il il cibo vegano possa essere buono, ci sono molte possibilità che siano più aperti alle motivazioni del veganismo o all’idea che gli animali da allevamento non siano insignificanti (ho scritto a riguardo in molte occasioni).

Ovviamente molte persone – sia vegani che non – comprano prodotti vegani nei supermercati o provano piatti vegani al ristorante (o a casa) ogni giorno. Quello di cui sto parlando è di raggiungere quelli che non sono propensi a farlo da soli: persone che potrebbero avere pregiudizi verso il cibo vegano (che sarebbe poco interessante, insipido, difficile da preparare ecc.). Visto che non vogliono spendere soldi per prodotti o piatti vegani, come possiamo farglielo provare?

Un modo è quello che in altre occasioni ho chiamato veganismo in incognito e che consiste semplicemente nel non menzionare che un prodotto, o piatto o perfino un ristorante è vegano, così da evitare il pregiudizio. Ma vediamo altre opzioni.

Far sì che le persone assaggino qualcosa di vegano è, ovviamente, logisticamente più complicato che dargli un volantino, mandargli un’email, o fargli guardare un video di un minuto (i normali modi in cui i vegani cercano di far passare il loro messaggio). Devi comprare il cibo, portarlo alla gente, prepararlo, servirlo (e poi idealmente verificare l’effetto e aiutarli a fare i passi successivi). Anche se non possiamo forzare nessuno a mangiare, ci sono vari modi con cui possiamo accorciare la distanza tra clienti riluttanti e una (deliziosa) degustazione vegana.

Se lo guardi dal punto di vista logistico, il modo più semplice è ovviamente che gli stessi produttori offrano dei campioni dei loro prodotti, in luoghi dove molte persone vanno, comprano o mangiano. Potrebbe essere a una fiera, un posto trafficato in città o negli stessi ristoranti e supermercati. Un produttore (o una ditta) vuole vendere quanto più possibile, quindi ha senso che cerchino di far assaggiare i loro prodotti a quante più persone, nella speranza che questi assaggi portino a più vendite.

Tutto questo è molto ovvio, quindi lasciatemi darvi un paio di idee un po’ meno ovvie per far sì che gente riluttante provi un po’ di cibo vegano.

1. Distribuire assaggi vegani in bar, scelti tra il cibo presente sul posto.
Recentemente sono venuto a conoscenza di quello che penso che sia un modo particolarmente efficace di distribuire assaggi: immaginate la mensa di una impresa (o un altro ristorante), dove i clienti (ogni giorno o in certi giorni) la possibilità di mettere un piatto vegano sul loro vassoio, piuttosto che uno carne. Normalmente, le vendite dei piatti di carne sarebbero molto più alti che quelle vegane. Ma se all’ingresso della mensa, mentre i clienti aspettano in fila, ci fossero persone che distribuissero assaggi di piatti vegani (o anche solo l’alternativa vegetale alla carne di un altro piatto, per esempio nugget vegani), la percentuale di piatti vegani venduti potrebbe aumentare di molto. Una persona (un rappresentante di un’impresa che produce alternative alla carne) mi ha detto che fino alla metà dei clienti aveva scelto il piatto vegano! Ciò potrebbe essere fatto sia dagli attivisti vegani, ma anche dalle stesse compagnie di catering. L’aspetto positivo di tutto ciò è che se una o un paio delle grandi compagnie di catering (pensate a Compass, Aramarl, Eurest…) facessero campagne di questo tipo, ciò sarebbe un modo di raggiungere una grande parte della popolazione in modo strutturato. Potrebbe essere fatto tanto in scuole, quanto nelle mense delle imprese. Ad un secondo livello, organizzazioni veg che fanno pressione con fornitori di catering per fare questo tipo di cose, e forse offrendo loro una struttura per la campagna come il Lunedì (o la settimana, o il mese) Senza Carne, potrebbero potenzialmente avere abbastanza impatto, specialmente se stiamo parlando di imprese molto grandi.

2. Promozione di “marche miste”
Con “marca mista” mi riferisco ad una marca o impresa che vende sia prodotti a base di carne che veg. Queste imprese hanno vari mezzi a loro disposizione per convincere i loro clienti – che conoscono già la loro marca – a provare i loro nuovi prodotti veg. Ho visto casi in cui la confezione di prodotti a base di carne ha una pubblicità per una variante vegetariana, che puoi vedere quando rimuovi la copertina a casa, come in questo esempio, della marca tedesca Rügenwalder.

Ma ci sono altre possibilità, come queste (perdonatemi i disegni approssimativi e schematici)

Figura a sinistra: Assaggio gratuito della nostra versione veg!
Figura a destra: Misto di polpette: Carne + Veg
Figura in centro: compra la versione di carne e avrai quella veg in regalo!

Queste idee ovviamente potrebbero richiedere degli sforzi logistici, ed è facile vedere che non sono dirette ai vegani, ma penso che qui ci sia un gran potenziale per raggiungere dei clienti riluttanti proprio là dove conta veramente: nello stomaco.

Le imprese potrebbero avere delle ottime ragioni per provare queste tattiche, visto che per loro diventa sempre più importante ottenere una fetta sempre più grande nel mercato vegano. Una motivazione in più potrebbe essere che in certe situazioni ci potrebbe essere un profitto maggiore sui prodotti veg.

Perdipiù, considerate il valore aggiunto che un’impresa grande e di fiducia ha. Quando i consumatori di carne vedono una versione vegetariana di un prodotto che conoscono e di cui si fidano, potrebbero essere molto più tentati di comprarlo che quando è di una marca che non hanno mai visto prima. Un grafico dell’impresa di ricerche di mercato GFK che ho visto recentemente (e che non metto qui per motivi di copyright) mostrava la penetrazione del mercato (cioè quante persone avevano veramente provato il prodotto) di affettati vegetariani in Germania. Per quanto riguarda la variante veg di una famosa marca di carne, questa non era meno del 48% mentre, per una marca vegetariana più famosa, era solo… un 2%!

3. Attivisti vegani come un esercito di distributori di assaggi
Ci sono molti attivisti vegani che in strada diffondono ai passanti messaggi di tipo morale, servendosi di video, volantini e conversazioni. Tutto ciò è ottimo, ma penso che le interazioni sarebbero sarebbero molto più produttive se ci fosse anche una componente di assaggi. Un nugget vegano (probabilmente uno dei prodotti salati più facili da distribuire) può essere uno spunto da cui partire per una conversazione, può far stare le persone meno sulla difensiva quando si parla della sofferenza degli animali (in quanto capiscono che non c’è molto da perdere), ecc.

Penso che per il movimento di protezione degli animali, ci sono possibilità di organizzare assaggi su una scala molto più ampia di quanto si stia facendo oggi. Potenzialmente, potremmo distribuire decine di migliaia di assaggi vegani ogni giorno, in strada, ai festival ed esposizioni, con o senza un’occasione speciale.

Kane Rogers e Mei Wong, due attivisti australiani, conducono la campagna “The food you choose” (“Il cibo che scegli”) in Melbourne. Questa campagna si concentra sul cercare di far provare cibo vegano alla gente. Kane e Mei hanno abbastanza esperienza nel distribuire assaggi. Gli ho chiesto dei consigli per fare delle buone sessioni di distribuzione di assaggi. Ecco quello che suggeriscono:

Non ditegli che sono vegani… all’inizio.
Etichettare un prodotto come “vegano” per ora sembra che scoraggi ancora molte persone, meglio non menzionarlo in un primo momento. Alcune alternative da mettere sui vostri cartelli potrebbero essere “Cibo sostenibile gratuito” o “Cibo Senza Colesterolo”. Adattatevi a chi avete davanti.
Una volta che le persone avranno provato il cibo, dovreste chiedergli che cosa ne pensano. E’ importante chiederglielo subito, così che non possano cambiare idea dopo.

Fate le grande rivelazione
Fate sapere alla gente che hanno appena mangiato un prodotto 100% vegetale. Alle persone non piace essere ingannate, quindi siate sicuri di non farli sentire degli stupidi che sono stati raggirati. Un modo di farlo è di chiedere alle persone: “Di cosa pensa che sia fatto?”
Le persone potrebbero essere scioccate, quindi ditegli che la maggior parte delle persone non nota la differenza. Questo eviterà che si arrabbino e rinforzerà l’idea che il cibo vegano può essere buono come il “cibo normale.”

Ditegli dove possono comprarlo.
Se volete veramente fare la più grande differenza che potete per gli animali o il pianeta, è importante aiutare le persone a comprare il prodotto loro stesse. Mantenetevi fissi sul vostro obiettivo! Non state parlando dei benefici del veganismo in generale, o di perché si dovrebbe seguire una dieta 100% vegetale in generale (a meno che uno non ve lo chieda, naturalmente). Vi state solo concentrando su questo grande prodotto e dove dovrebbero comprarlo.
Per molte persone, questo potrebbe essere la loro prima esperienza di cibo vegano. E’ molto importante che questo sia un momento felice, positivo, che li faccia andar via con un bel ricordo. Se a una persona non piace il prodotto, o ha una forte opinione sul cibo vegano o il veganismo in generale, che così sia! Non cercate di cambiare la loro opinione. Magari la cambieranno da soli, a tempo debito.

C’è molto potenziale per alleanze strutturali con i produttori di questo tipo di cibo, così che il movimento vegano potrebbe diventare un partner strutturale per loro, e addirittura essere pagato per servizi di assaggio. Immaginate quanti nugget vegani potrebbe distribuire un gruppo come Anonymous for the voiceless, con molte centinaia di capitoli in tutto il mondo!

Conoscete altre idee per avvicinare le persone riluttanti al cibo vegano? Fammi sapere!